Dedicato a don Luigi Giussani e alla «sua» Comunione e Liberazione, il libro riunisce i testi delle conferenze tenute nel 1971 da Hans Urs von Balthasar di fronte a un gruppo di studenti universitari del movimento, radunati ad Einsiedeln.

L’edizione italiana (che include anche le tre conferenze tenute da don Luigi Giussani nella stessa occasione) ha per titolo L’impegno del cristiano nel mondo. Il servizio a favore dell’uomo, il tentativo di incidere efficacemente sulla realtà vede oggi impegnarsi insieme cristiani e non cristiani; e agli occhi di molti è ben più decisivo che non l’appartenenza alla Chiesa visibile: non è forse, questa «istituzione» tutt’altro che perfetta, semplicemente una «organizzazione» tra tante? Che cosa distingue l’impegno del cristiano da quello di una «ONG pietosa» (papa Francesco)?

È la domanda attorno a cui ruotano queste pagine. I discepoli di Gesù, scrive l’autore nella prefazione, «hanno un tipo – molto chiaro, e irritante – di visibilità che non si identifica sic et simpliciter con l’appartenenza a un’associazione religiosa. Irradiano qualche cosa: e il senso di questo libro è di chiederci che cosa sia questo potere o questo splendore che irradiano, da dove venga, e che legame ci sia tra la forza sorgiva che alimenta il cristiano e il suo impegno tra gli uomini». La strada alla risposta la traccia già il titolo tedesco del volume: In Gottes Einsatz leben, «Vivere nell’impegno di Dio». È perché Dio si è impegnato decisivamente per il mondo, e per grazia ci rende partecipi del suo impegno, che anche noi possiamo e dobbiamo impegnarci a nostra volta. Così il tema si intreccia con quello, centrale per il nostro tempo, della libertà: «Possiamo dire sin d’ora», continua la prefazione, che «i veri cristiani irradiano una libertà di cui i non cristiani sono sempre di nuovo alla ricerca. Il vero tema della modernità, che chiama in causa gli uni e gli altri, è appunto la libertà dell’uomo; è come una gara a chi può comprendere più profondamente questa libertà e più efficacemente far sì che si affermi. Dal punto di vista dell’ateismo, l’uomo sembra stare incatenato alle porte della sua libertà; e tuttavia egli diventa sé stesso solo se si è scelto e realizzato nella libertà, se ha assunto liberamente e penetrato di responsabilità tutto ciò che in lui è “natura”. Fintanto che il cristianesimo apparirà anzitutto come tradizione e istituzione, i movimenti di liberazione propri del pensiero moderno avranno gioco facile. La sfida si fa seria solo se il cristiano intraprende lo sforzo teorico di mostrare che il libero schiudersi a noi di Dio in Gesù Cristo è l’invito a entrare in uno spazio di libertà assoluto, divino, nel quale (e soltanto nel quale) la libertà umana può dispiegarsi in tutta la sua pienezza. E non è solo l’invito, bensì – nel farsi uomo di Dio in Gesù Cristo – il compimento universalmente esemplare, il farsi breccia e l’essere ammessi in una sfera di quella libertà che i moderni cercano febbrilmente, ma che non può essere trovata se non è Dio stesso a schiuderla. Di fronte a una libertà in ricerca, e sempre destinata a spingersi nel vuoto, il cristiano innalzerà la buona notizia della libertà già compiuta, e compibile da parte nostra.

Che sia questo l’unico vantaggio dei cristiani sui non cristiani – che essi, alimentati da una fonte che non è di questo mondo, con la loro speranza utopica possono tendersi verso una meta che sta al di là del tempo? e che questo loro movimento, in un cosmo di morte e di nonsenso, è l’unico barlume di libertà?».